La cucina romanesca è guanciale, pecorino, coratella e molte altre succulente meraviglie all’ombra di veri e propri “monumenti” come carbonara,
gricia o cacio e pepe. Ricette poco note o scomparse dalla tavola dei romani ma non da “Casa Magni”, da sempre baluardo della romanità, anche ai fornelli.
Alcuni esempi? La minestra d’arzilla o il baccalà alla romana; il “quinto quarto” come la pajata arrosto o la coda alla vaccinara;
il manzo garofalato o le polpette d’allesso e, dulcis in fundo, la crostata di visciole o le frappe romane.
Dopo il successo di Mo’ te racconto Roma Umberto Magni dedica un altro omaggio alla Città Eterna.
Un viaggio nella tradizione della cucina “come ’na vorta”: da Pio XII, inconsapevole ispiratore delle fettuccine alla papalina, a James Joyce,
che ricorda con affetto i supplì bollenti venduti in strada dai “callari”;
dai mostaccioli di cui andava ghiotto San Francesco alla trippa finta che faceva sentire i bambini commensali adulti.
Ecco perché un piatto “alla romana” non è mai una banalità!